Soluzioni d'impatto con il Design Thinking: il caso Annovi Reverberi.

Nel campo dell'AI e della GenAI il Design Thinking è una metodologia davvero efficace per indirizzare problemi complessi, di cui spesso non si conoscono tutte le dinamiche o le variabili, e per disegnare delle soluzioni efficienti che rispondano alle esigenze reali delle persone. Grazie al coinvolgimento di diversi target (punti di vista) e di molteplici strumenti, il Design Thinking permette di anticipare tutti quei dati, quelle informazioni e quei fattori che spesso risultano essenziali per lo sviluppo di una soluzione efficace sin dal primo utilizzo.

 

Nel nostro centro di ricerca "The Energy of Data" applichiamo il Design Thinking nei progetti di AI per esplorare in modo approfondito con i clienti la natura e le dinamiche del problema, il contesto di applicazione, i processi impattati e le persone coinvolte. In questa intervista, abbiamo chiesto a uno dei nostri clienti, Annovi Reverberi, di raccontare con noi come il Design Thinking si sia rivelato un approccio determinante per lo sviluppo della soluzione di Demand Planning, necessaria per l'azienda. Di seguito, la testimonianza di Roberto Montanari (IT manager di Annovi Reverberi) seguita dal punto di vista dello sviluppo tecnico, raccontato da Michele Vitali (Solution Architect, Center for Advanced AI).

 

 

Roberto Montanari (Annovi Reverberi)

 

1) La metodologia del design Thinking si è rivelata utile nel realizzare il progetto di “Demand Planning”? Come?

Sì, l’approccio del Design Thinking è stato molto utile nello sviluppo del progetto di Demand Planning. Ci ha permesso di partire non solo dall’esigenza e dalle specifiche tecniche dell’area IT e del process owner principale, ma soprattutto dalla comprensione profonda dei bisogni delle diverse funzioni aziendali coinvolte (commerciale, pianificazione e logistica). La fase di analisi ha facilitato il dialogo diretto tra persone che spesso lavorano con priorità diverse, e ci ha aiutato a definire un obiettivo condiviso. Inoltre, la prototipazione rapida ci ha consentito di provare la soluzione in tempi molto brevi, correggendo subito eventuali limiti o incomprensioni prima di arrivare alla versione finale. Questo approccio ha reso il progetto più centrato sugli utenti finali, aumentando la qualità del risultato e riducendo i rischi di implementare un sistema percepito come troppo “teorico” o distante dalla realtà operativa.

2) In che modo ha facilitato l’adozione della soluzione?

Il Design Thinking ha facilitato l’adozione della soluzione perché ha reso le persone una parte attiva del processo, fin dalle prime fasi, attraverso un gruppo di lavoro di una decina di figure coinvolte in maniera costante. La partecipazione degli utilizzatori finali nella definizione dei requisiti e nelle sessioni di brainstorming e di prototipazione ha mitigato la “resistenza” al cambiamento di parte del gruppo. Il fatto che il prototipo fosse costruito e testato insieme agli utenti ha permesso di recepire feedback immediati, aumentando la fiducia verso lo strumento: in questo modo l’introduzione del nuovo sistema di previsione è stato percepito come il risultato di un percorso condiviso. Anche la formazione è stata più semplice, perché i team conoscevano già le logiche e il funzionamento della soluzione.

 

 

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3) Durante le attività svolte, sono emersi degli elementi inaspettati, rispetto a quanto vi immaginavate? Quali?

Durante il progetto sono emersi alcuni elementi di dettaglio di cui la parte direttiva del progetto (responsabili operation e IT) non era pienamente a conoscenza. Ci siamo resi conto che i colleghi delle tre divisioni di Annovi Reverberi (Agricoltura, Cleaning e Industria) utilizzavano strumenti e tecniche molto diversi tra loro per le previsioni di vendita: abbiamo quindi capito che non serviva solo una soluzione tecnologica, ma anche una standardizzazione dei processi, dove possibile. Un altro aspetto inaspettato, ma positivo è derivato dalla disponibilità dei dati e dalla consapevolezza (tramite le sessioni di formazione) del loro valore, valore che prima non era sfruttato interamente. Infine, come risultato del progetto e delle sessioni di analisi, abbiamo man mano ottenuto una crescita professionale in termini di competenze nelle aree dell'analisi dei dati e delle tecniche statistiche delle persone coinvolte nel gruppo.

 

4) Vedete delle altre applicazioni del Design Thinking in futuro presso la vostra azienda?

Sì, riteniamo che il Design Thinking possa essere applicato anche ad altri progetti futuri in Annovi Reverberi. In particolare, lo vediamo utile sia in progetti di applicazione di software di piccole/medie dimensioni, ma anche come strumento o tecnica per le attività di analisi e di revisione dei processi aziendali. Si potrebbe poi adottare lo stesso modello anche come riferimento nelle progettazione o prototipazione di nuovi prodotti o servizi di Annovi Reverberi.

 

 

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La prospettiva di sviluppo

 

Michele Vitali (Center for Advanced AI, Accenture)

 

  1. In che modo il Design Thinking ha aiutato nella realizzazione del progetto?

L’approccio di Design Thinking ha avuto un impatto significativo sin dalle prime fasi dello sviluppo. Ci ha permesso di partire da una visione chiara e condivisa del risultato finale, costruita insieme al cliente attraverso momenti di co-creazione e confronto. Questo allineamento iniziale ha reso possibile una pianificazione delle attività più mirata ed efficiente, riducendo i tempi dello sviluppo.
Inoltre, il coinvolgimento attivo dell’utilizzatore finale durante il processo ha contribuito a minimizzare i tempi di re-work: arrivando alla fase di test con una conoscenza già approfondita del sistema. L’utente è stato in grado di fornire feedback più puntuali e consapevoli, rendendo il ciclo di iterazione più rapido e produttivo, migliorando la qualità del prodotto finale e rafforzando la collaborazione tra team tecnico e stakeholder di business.
 
  1. Quali insight sono emersi dal Design Thinking che, altrimenti, sarebbe stato difficile individuare?
     
Le sessioni di Design Thinking hanno rappresentato un momento fondamentale per il progetto, poiché hanno coinvolto in modo attivo tutti gli attori chiave del processo di previsione della domanda. Questo approccio ha permesso di creare uno spazio di confronto strutturato, in cui ciascun partecipante ha potuto dare il proprio punto di vista, spesso legato a esigenze operative molto specifiche. Nella quotidianità, infatti, non sempre c’è l’occasione – né il tempo – per fermarsi a riflettere sul processo nella sua interezza. Il Design Thinking ha colmato questo vuoto, facilitando una visione condivisa end-to-end e stimolando una comprensione più profonda delle interdipendenze tra i diversi ruoli coinvolti. Uno degli insight più rilevanti emersi da queste sessioni è stato il riconoscimento dell’importanza dello scambio informativo tra le diverse funzioni. È diventato evidente non solo quali informazioni fosse cruciale condividere, ma anche in che modo queste potessero essere veicolate in maniera efficace attraverso lo strumento digitale che stavamo progettando e gli algoritmi che avremmo sviluppato. Senza questo tipo di confronto strutturato, è probabile che molte di queste esigenze sarebbero emerse solo nelle fasi finali del progetto – durante il testing o, peggio, in fase di adozione – quando intervenire è più complesso e costoso. Il Design Thinking ha permesso di anticipare queste criticità e opportunità, migliorando la qualità delle soluzioni sin dalle prime fasi di sviluppo.
 
  1. Quali vantaggi può portare il Design Thinking nell’adozione dell'AI/GenAI?

Il suo impiego nello sviluppo di soluzioni di AI e, in particolare, di GenAI, rappresenta un elemento chiave per favorirne l’adozione e l’efficacia. Questo approccio consente di mettere al centro l’utente sin dalle prime fasi del progetto, facilitando la comprensione profonda dei suoi bisogni, delle sue aspettative e delle modalità con cui interagirà con lo strumento. Nel caso dell’AI tradizionale, il Design Thinking aiuta a tradurre le potenzialità tecniche dei modelli in funzionalità realmente utili e accessibili per chi dovrà utilizzarle per prendere decisioni o svolgere attività operative. Si tratta di un passaggio fondamentale per evitare che la complessità "algoritmica" diventi una barriera all’adozione. Con la GenAI, questo valore si amplifica ulteriormente. I modelli generativi, infatti, richiedono un’interazione attiva da parte dell’utente — spesso attraverso la formulazione di prompt — e restituiscono risultati che devono essere interpretati e contestualizzati. In questo scenario, il Design Thinking permette di progettare esperienze d’uso fluide e intuitive, che guidano l’utente nella formulazione delle richieste e nell’utilizzo dei risultati generati. Un vantaggio concreto emerso nel nostro progetto è stato proprio la capacità di anticipare e risolvere potenziali frizioni nell’interazione con il sistema, grazie a sessioni collaborative con gli utenti finali. Questo ha portato a soluzioni più aderenti ai contesti reali di utilizzo, facilitando l’adozione dello strumento e aumentando la percezione di valore da parte degli stakeholder. In sintesi, il Design Thinking non solo migliora la qualità della soluzione sviluppata, ma ne accelera l’adozione, rendendo l’AI — anche nel caso della GenAI — uno strumento realmente abilitante per le persone.
 
  1. Esistono dei limiti da considerare quando si applica il Design Thinking? Quali?

Una delle principali sfide nell'applicazione del Design Thinking allo sviluppo dell'AI è riuscire a coinvolgere in modo efficace tutti gli stakeholder rilevanti. Non si tratta solo di includere chi lavora direttamente al progetto, ma anche di intercettare i contributi di figure indirette, come gli utenti finali o altri attori che possono offrire prospettive preziose. Un'altra sfida significativa riguarda la progettazione del flusso operativo. Quando si lavora con modelli AI, è facile cadere nella tentazione di costruire soluzioni complesse e articolate. Tuttavia, è essenziale mantenere un equilibrio tra completezza e semplicità: il flusso deve essere sufficientemente robusto da valorizzare al massimo le potenzialità dell’AI, ma al tempo stesso intuitivo e accessibile per chi lo utilizzerà. Questo richiede uno sforzo progettuale mirato, che tenga conto sia degli aspetti tecnici sia dell’esperienza utente. Infine, il Design Thinking è per sua natura un’attività creativa e collaborativa, e proprio per questo può comportare il rischio di dispersione. È facile che il gruppo si lasci trasportare da idee interessanti ma non strettamente pertinenti rispetto all’obiettivo progettuale. Per questo motivo, è cruciale mantenere sempre chiaro il focus e guidare il team in modo concreto e orientato al risultato, evitando derive che compromettano l’efficacia del percorso di design.
 
 
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