Un nuovo nome risuona in convento: Ammagamma!
Ammagamma ha il suono morbido e melodico, che ti riporta immediatamente a quello che è senza dubbio l’album più sperimentale dei Pink Floyd; in grado di creare un nuovo modo di comporre, e che ha insegnato cosa vuol dire armonizzare perfettamente i suoni artificiali dei sintetizzatori, con le strutture tipiche della musica classica.
Ammagamma ha anche il suono giocoso e avvolgente di un palindromo, che contrasta volutamente con il rigore spigoloso di tutto quello che oggi viene associato all’Intelligenza Artificiale. Ammagamma ha quindi quattro “m” morbide e rinuncia così a suoni spigolosi e freddi come x, y, x, black, AI …
La sua musicalità rassicurante, ci ricorda infatti che la sperimentazione è necessaria, ma senza mai arrivare ad essere elitaria, perché il ruolo a cui deve tendere la matematica è la sua universale accessibilità, utilizzando, se necessario, nuovi linguaggi di comunicazione.
Chi oggi sviluppa modelli matematici deve essere in grado di creare un perfetto equilibrio armonico tra sperimentazione ed essenzialità, perché la matematica possa sonorizzare il nostro futuro, in modo sensibile e chiaro per tutti.
Ammagamma è forse come ci sentiamo oggi, in un momento di altissima sperimentazione, di dissonanze artificiali e virtuosismi umani, nel momento che precede la registrazione di quello che sogniamo da sempre essere matematicamente il nostro The Dark side of the Moon.
Senza sperimentare costantemente su nuove forme d’onda, synth e partiture classiche, a costo di fare un progetto apparentemente caotico, non si crea il linguaggio universale.
Ammagamma è anche un nuovo immaginario visivo e comunicativo nel mondo dell’Intelligenza Artificiale. Come per il mondo progressivo, l’aspetto grafico assume un importante significato anche per noi.
La ricerca estetica che riguarda l’aspetto tecnico si riflette su ogni tipo di contenuto utile ad arricchire e facilitare la comprensione del racconto.
Questo è il tempo di Ammagamma!